ANDAI A CUBA E….. (Stralci dall’autobiografia)
Dalla mia autobiografia CUBA
Avevo tante ragioni per andare a Cuba. Innanzitutto prima che morisse Fidel, perché dopo sarebbe tornata ad essere il postribolo degli USA. Poi perché mi sarei perso un’esperienza indimenticabile, a sentire i tanti miei amici italiani e cubani. Avevo davanti un lungo periodo di non far niente e le cose con la mia compagna non andavano bene. Lei stessa mi aveva incoraggiato a farlo, si sentiva tranquillizzata dal fatto che ci sarei andato con una coppia di amici con figlia venticinquenne. Sarei stato in albergo, dove non si possono ospitare cubani. Nei luoghi classici del turismo per famiglie, come Varadero, l’Avana. E poi ero assolutamente refrattario al turismo sessuale, ad essere scelto per il mio portafoglio e non per come mi ritengo, un bell’uomo, interessante, creativo e che, insomma, non ha bisogno di andare a Cuba per trovare compagnia.
Così ci andai, giocando il ruolo del partner della figlia dei miei amici, ciò avrebbe distolto le attenzioni su di me delle “jiineteras”, le cavallerizze che accompagnano i turisti per un giorno, una settimana, il tempo che loro volevano, in cambio di cene e discoteche. Non sono prostitute, che pure ci sono e che vendono le prestazioni a tariffe prestabilite. Gli italiani non ci vanno, le frequentano prevalentemente tedeschi e canadesi che non vogliono perdere tempo.
Un medico cubano guadagna all’incirca 150 dollari l’anno. Tu offri una cerveza ad una cubana, ti costa un dollaro e lei sta con te. Il turista è sacro, anche il più scalcagnato ha con se qualche migliaio di dollari, una fortuna per un Paese in perenne ricatto dell’embargo americano. Se chiedi ad un bambino cubano cosa vorrà fare da grande, ti risponderà “il turista”!
Il volo della Cubana Aviaciones era, naturalmente, affollato di soli uomini. Uno dei tanti “viaggi della speranza”, come a Lourdes! Per la maggior parte erano al 2° o 3° o 4° viaggio solo di quell’anno, ed eravamo ancora in agosto! C’era chi aveva addirittura un’altra famiglia a Cuba. “Ho moglie e figli vicino Varese”, mi diceva uno che faceva il meccanico, “mi rompono le palle con i telefonini, il motorino, mia moglie con la pelliccia e la seconda casa. Qui non ti chiedono niente, sono semplicemente felici che ci sei. Fra qualche anno andrò in pensione, un saluto a tutti e zac! mi stabilisco definitivamente qui.” All’arrivo all’Avana, tutti, anche i vecchi e i malmessi avevano donne di una bellezza inaudita ad aspettarli!
Il programma prevedeva 3 giorni all’hotel Capri all’Avana e poi un bus ci avrebbe portato al villaggio Barloviento di Varadero. Una mia amica cubana, che però da tempo viveva nella mia città, la sera in cui arrivammo, conoscendo le mie abitudini goderecce, ci portò nel ristorante più prestigioso di tutta Cuba, “la Cecilia”, immerso in una vegetazione lussureggiante, arredo coloniale di lusso, tavoli sparsi qua e là nel verde, un’orchestrina che circondava la nostra tavola. Con la mia amica cubana gli facemmo suonare “bachata de rosa” e cantammo e ballammo sulla tavola. Il mio amico barese Carlo non faceva che ripetere all’infinito “nu manecòmie!”, i cubani capivano “maricòn” e così pensavano fossi omosessuale.
Il mattino successivo Carlo e la sua famiglia anticiparono la partenza per Varadero, avevano trovato scarafaggi nel bagno e gli 80 dollari della cena per 5, a Cuba, gli sembrarono un’enormità. Non li voleva più pagare. Io rimasi, avevo appuntamento con la mia amica nella più bella gelateria dell’Avana.
Mi sentivo Marcello Mastroianni mentre camminavo, sembrava mi conoscessero tutte le donne della città. Gli sguardi erano assassini, altri apertamente di proposta con il classico “giro di boa” con la lingua sulle labbra, altri invece timidi con lo sguardo sfuggente. Delle due l’una: o ero veramente bellissimo con la mia abbronzatura italiana, o avevano capito si trattasse di un turista. Dissipò i miei dubbi un ragazzo che mi voleva offrire chica (donna), puros (sigari), casa particular (casa privata dove puoi portare chi vuoi), taxi particular (taxi abusivo)…mi avevano scoperto! Allora feci veramente il turista e, nell’attesa, me ne andai alla Bodeguita del Medio.
Oltre a Che Guevara, mito di Cuba è un altro Ernesto…Haminguey, che si prendeva il mohito alla Floridita ed il daiquiri alla Bodeguita, i suoi locali preferiti. Feci lo stesso insieme ad un interminabile corteo di turisti scaricati dai bus degli alberghi.
Qualche giorno dopo ero anch’io nel mare bollente, con la sabbia borotalco, di Varadero! Il villaggio era simile ad un qualsiasi club valtur o mèditerranèe. La spiaggia privata proprio al confine con quella riservata agli indigeni cubani, pur controllata dalla “policia”, era l’unico posto possibile per qualche promiscuità con i locali. Così potevo vedere Alexis, il fratello di un mio amico cubano che stava a Bari. Avevo tentato di introdurlo in albergo, ma era stato immediatamente cacciato dalla “direction”, perché cubano. A nulla valsero le mie rimostranze da compagno comunista! Oltre che con lui e con i miei amici, facevo gruppo con 3 ragazzi di Bari, più giovani di me, conosciuti li. La sera in discoteca la figlia di Carlo giocava la parte della mia ragazza. Ciò nonostante, mi si avvicinò una splendida creola che mi chiese di offrirle un “cuba libre”. Voleva 2 dollari per ordinarne a entrambi. Curiosamente però non al bar, ma nel di dietro. La seguii e c’era un uomo che preparava il “cuba libre” con una bottiglia forse di rhum, ma senza etichetta. Mi disse che faceva guadagnare qualcosa a suo fratello ah!ah!ah! e io chi ero, lo zio?
Finalmente successe qualcosa che cambiò la mia permanenza a Cuba e chissà forse la mia vita!
In spiaggia, nella zona turistica vidi una ragazza seduta con un’amica, vestita, si teneva le ginocchia con le braccia. Straordinariamente bella e diversa, un viso un po’ asiatico, carnagione chiara, somigliava a Sophie Marceau. Non gli fregava niente di nessuno. Come tutti coloro che sanno di piacere, non si offriva, anzi sembrava sprezzante. Io la guardai e lei si girò dall’altra parte. “Sarà certamente una turista, perché altrimenti avrebbe ricambiato lo sguardo!”, convenne con me Alekis, che comunque partì all’attacco visto il mio interesse alla cosa. “Incredibile è cubana, anche se un po’china”, mi disse. “Addirittura di Matanzas, la mia città che sta a 30 km da Varadero, un centro industriale dove i turisti sono solo di passaggio per venire qui. Lì, conosco tutti e lei non l’avevo mai vista. Questa sera hai un appuntamento con lei in una discoteca di Matanzas”
Quel giorno era il compleanno di uno dei nuovi amici baresi, così tutti noi singles decidemmo di trasferirci a Matanzas e venire la mattina in spiaggia a Varadero. Andammo a stare nella casa vuota del fratello di Alekis. Quella casa diventò la casa degli italiani, gli unici turisti di Matanzas. La madre di Alexis organizzò la cena e la festa. Pur in un quartiere povero, povera era tutta la città con i liquami che scorrevano ai bordi del marciapiede, era una casa dotata di tutti i comforts. Un bombolone stereo sparava ad alto volume le nostre cassette di “2 Pac”, il rapper americano nero ucciso dalle bande dei nemici neri della west-coast. Musica americana che affascinava le ragazzine cubane, a capannelli affollavano l’esterno della casa. Ma indispettiva i vicini che, in guerra, sparavano musica cubana dei Vhan Vhan. Ma il nostro bombolone aveva un volume più alto, così irrobustirono con le voci la loro musica. Ce ne accorgemmo e spegnemmo il nostro, dando libero sfogo ai Vhan Vhan.
Alla nostra festa parteciparono solo le ragazze accettate dalla madre di Alexis. Le prime 3 sedicenni che entrarono si fidanzarono con i miei amici. Entrò anche una nera “Naomi Campbell”, con gli occhi da tigre che mi strappò una standing-ovation dialettale comprensibile solo a Bari. Faceva la modella a Varadero ed era amica della fidanzata di Alekis, si chiamava Irikis. Dopo dieci minuti se ne andò. Dopo una cena sottratta con difficoltà a tutte le mosche di Matanzas e qualche balletto utile solo ai miei amici, impaziente di scoprire se Sophie Marceau mi stesse aspettando in discoteca, uscimmo in corteo dalla casa.
Dopo cento metri si unì a noi Irikis, mi prese sottobraccio e mi disse: “tu mi hai scelto, sono la tua chica per questa notte!” Aveva sentito la mia standig-ovation ed io non sapevo come comportarmi: Irikis era notevole, ma Sophie Marceau era di un altro pianeta! Ma se non fosse venuta? Se avesse acconsentito ad Alexis solo per toglierselo davanti? Nell’incertezza e nell’invidia del fidanzamento di tutti i miei amici, accettai!
In discoteca Sophie non c’era, così cominciai a giocare con Irikis. Non mi ero accorto dell’assenza di Alekis. Dopo un po’ lo vidi arrivare con lei, si chiamava Martha e lui mi presentò come il suo futuro fidanzato, me la fece sedere accanto, alla mia sinistra, dove avevo il profilo migliore. Ero sconvolto oltre che dalla sua bellezza, dalla sua femminilità, dal suo muoversi e sorridermi. Ci stavamo cercando da una vita e finalmente, dopo 10.000 km e 2 continenti c’eravamo trovati! Era scritto nel libro della mia vita, probabilmente! L’incantesimo lo interruppe Irikis, alla mia destra:
-Chi è sta chica?
-La mia futura fidanzata!
-Questa notte sono io la tua fidanzata, dovevi dirmi di no, prima!
Aveva ragione ed io sono della bilancia, quindi un uomo giusto. Ero imbarazzato. Del resto Martha mi aveva aspettato per tanti anni, poteva aspettare un’altra sera! Le chiesi scusa, le dissi che non credevo sarebbe venuta, non avevamo neanche mai parlato! A manana (domani) ci saremmo fidanzati. Stavo ancora scusandomi, quando Irikis mi trascinò a ballare. Martha si alzò e si rifugiò nel nulla, nell’angolo più lontano del locale.
Era la salsa! Il ballo più erotico, assolutamente vietato fra cubani e turisti! Fece tutto Irikis. Aveva la pelle ricoperta semplicemente da un fouseaux, dal seno ai piedi. Energica e sinuosa, aggressiva e armoniosa, mi roteava davanti un culo tanto alto che sembrava le arrivasse in testa, come la gobba di un dromedario…e prensile! Catturò fra le chiappe forti quello che mi cresceva davanti e roteava, roteava. Io, da vigliacco, alzai le mani, quasi a discolparmi di una scena ormai seguita da tutta la sala. Gli amici baresi passavano dallo sghignazzo, all’incredulità.
Martha riapparve dal nulla, furiosa mi passò accanto, quasi a sfiorarmi. Ancora più bastardo le detti un buffetto sulla guancia, mi rispose con l’indice ed il mignolo alzati. Se ne andò!
L’indomani fui svegliato da Irikis, venne a farmi conoscere il figlio. Cacciai lei ed il figlio. Quel giorno dovevo fidanzarmi con Martha. Era sicuramente scritto nel libro!
Al mio ritorno a Bari, venne a prendermi la mia compagna. Non vedevo l’ora di dirglielo, forse è vero che ho la sindrome di Peter Pan: < non ho fatto come gli altri italiani che vanno a Cuba e scopano con 4/5 donne diverse al giorno. Ho avuto solo una storia che, addirittura ha suscitato in me un’innamoramento. Una cosa pulita, esotica, quasi infantile. Sai quello che doveva succedere a 16 anni e che non era mai successo? E’ bugia che sono Daniel Auteuil in “Cuore in inverno”, o “l’Uomo che non sapeva amare”, o “un androide”. Ho provato emozioni insolite e che però sono rimaste lì, insomma una piacevole parentesi nella mia vita, una cosa che non avrebbe mai potuto avere un seguito, parliamo lingue diverse, abbiamo culture diverse, non sa chi è Paolo Conte.> Non mi fece neanche raccontare i dettagli. Se ne andò. Quella volta non ci parlammo per 6 mesi. Anche quella volta non capì.
p.s.: la storia con Martha, andò avanti per un paio d’anni. Andai a Cuba altre 4/5 volte. L’anno successivo venne in Italia e non intaccò le mie vicende sentimentali baresi, anzi ci fu chi addirittura le regalò abiti e scarpe e veniva a trovarla a casa mia. La mia compagna no, non la volle conoscere. Aspettò che si esaurissero i 40 giorni della sua permanenza in Italia, che l’accompagnassi a Fiumicino ed un quarto d’ora dopo arrivò a Roma, il tempo per spostarmi dai voli internazionali a quelli nazionali: “hai finito di giocare? Facciamo le cose serie? Era diventata la Simone de Beauvoir di Jean Paul Sastre. Aveva capito!
Martha,la Sophie Marceau di Cuba